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risaltare la sua bellezza. Le spalle e le braccia, stupende, trasparivano soavemente dalla batista finissima dell’accappatoio; e le pieghe sobrie intorno al busto ed ai fianchi, la facevano somigliare a una statua antica.
Ritta in piedi davanti allo specchio dell’armadio a tre imposte che riflettevano la sua immagine da tre diversi punti, ella non batteva ciglia e lasciava che il marito parlasse quasi da sè, in un soliloquio irritante; sapendo per lunga esperienza che quel silenzio ostinato lo esasperava e finiva col farlo fuggire.
Ma quella sera egli non pareva disposto a cedere il campo. Camminava a passi concitati in lungo ed in largo, con tutti i segni di una ferma risoluzione nel volto e negli atti.
Era un uomo alto, quasi biondo come la sua figliuola e come lei vigoroso; di carnagione fine, bianchissima e stupendamente conservata. A quarantadue anni non ne mostrava più di trenta; i lineamenti del suo nobile viso non erano regolari, però. Aveva il naso grande, la bocca larga, i denti bianchi, forti: tale e quale l’Annetta. Soltanto l’espressione variava.
In forza di quella espressione, ora dolce, ora appassionata, ora altera, sempre illuminata dalla intelligenza, egli appariva tanto più bello e distinto della ragazza. Erano gli occhi sopra tutto, gli occhi di un azzurro profondo come l’onda del mare, che davano al suo volto quella grande aria di nobiltà.