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non esistevano più sulla terra. E la terribile sete di conoscerli, di amarli, di farsi amare da loro, di averne, non fosse che per un giorno, i baci e le carezze, non poteva essere estinta mai più. E come erano morti male! E chi sa quanto avevano sofferto!... Eppure, non questo soltanto la rendeva triste quel giorno. Un presentimento — il quale, come la maggior parte dei presentimenti forse altro non era che il frutto di una penetrazione più acuta — le serrava il cuore. Poteva il Brussieri rendere felice l’Annetta? Avrebbe egli corrisposto, con tutta l’anima sua, all’amore cieco ed entusiasta di lei?

Non le riesciva di rispondere come avrebbe voluto a questi importanti quesiti. Paolo non le ispirava alcuna fiducia.

Quando credeva che fosse ancora tempo, ella aveva tentato più di una volta di allontanare la cara compagna della sua giovinezza, da quell’amore pericoloso; di l’aria riflettere almeno prima di gettarsi così alla cieca in braccio a quell’amore. Inutili tentativi: Annetta non accettava consigli.

Nè Emma osava più dargliene adesso.

Ma non temeva soltanto per la compagna; temeva anche per se stessa. Dubitava che la sua propria condizione, precaria e spesso umiliante, dovesse peggiorare per l’entrata di quell’uomo nella famiglia.

Non basta. Un timore più oscuro, più inesprimibile, l’assaliva e un gelo di morte le correva per le vene.