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della grande giostra a vapore. Andiamo avanti. Eravamo dunque a Vienna, nei pressi della Leopoldstadt, insieme a una truppa di saltatori e cavallerizzi che avevano un discreto circo. Come ho sempre fatto con tutti i saltatori venutimi a taglio, dacchè abbiamo la fortuna di conoscerla, signorina Emma, io avevo già interrogato quella brava gente sul conto del famoso cavallerizzo Walder e della saltatrice Maria Rosa, o meglio Rosina Walder. Ma invano. Al solito, nessuno se ne rammentava. Gente senza memoria, avvezza a vivere giorno per giorno. Soltanto una donna che ballava sul trapezio con qualche abilità, mi disse di avere conosciuto in gioventù una certa Rosina, bellissima e molto festeggiata nei circhi; la qual Rosina essendosi poco dopo innamorata di un cavallerizzo zingaro, fuggì con lui; e nessuno la vide più.

— Povera mamma!...

— Una sera, gran tafferuglio nel quartiere. Un saltatore d’infimo rango, complice in una grassazione, veniva arrestato, e riusciva a fuggire. Guardie e soldati frugavano da per tutto. In mezzo a noi specialmente. Il circo, la nostra giostra, i carrozzoni, tutto messo a soqquadro. Ma la gente accorreva montava sulla giostra, appena scese le guardie, e noi si squattrinava. Non riescendo a trovare quello che cercavano, i poliziotti se ne andarono.

«Erano lontani pochi passi, quando un disgraziato, affannato, in sudore, mi supplicò di salvarlo. Esitai.