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Il magnifico Playel, nel centro della camera, mostrava i nitidi avori, che nessuno toccava da molto tempo. Un tappeto scuro e soffice copriva il pavimento, e dall’alto del soffitto pendevano due grandi lampade di bronzo con grandi globi di porcellana dipinta.

Il malato voleva luce, molta luce intorno a sè. La grande poltrona, dove egli passava i giorni e le notti stava appunto fra le due lampade, nel mezzo della camera, poco lontano dal pianoforte.

Vedendo che egli continuava a tacere, sebbene fossero soli, Emma gli domandò:

— Ebbene, cosa vuoi dirmi, caro?

— Che sei una santa e che io ho rimorso di averti rubato tre anni...

— Oh! Cattivo! Così mi parli? Per questo hai voluto esser solo con me?

— No. Ma lascia che ti ringrazi almeno prima di partire...

— Partire?!

— L’ignoto mi chiama. Il mio cuore terreno è consumato. Ne avrò un altro al di là?... Se l’avrò ti amerò ancora, ti amerò in eterno, qualunque sia la forma a cui sarò destinato; per quanto lontano sia il mondo nel quale t’incontrerò...

— O babbo mio! Babbo mio!

— Parliamo di te. Tu resti sola. Sei proprio sicura di rimanere sola?