Pagina:Speraz - Emma Walder.pdf/353


— 347 —


Non dubitava punto che egli fosse ricaduto. Trovava anzi che quel risentimento, quelle ripugnanze, erano una prova di più della completa guarigione. Frugando dentro di sè, ella vi ritrovava la medesima collera, il medesimo sdegno.

Oh! la gioia di andarsene!

O cara, adorata solitudine!

— Non parlarmi mai più di loro — disse Leopoldo quando furono in treno. — Voglio dimenticare che esistono.

E non ne parlarono più.

A Melegnano cominciarono una vita nuova.

Per fargli piacere, Emma si mise a studiare un po’ il canto, tanto da cantare certe piccole arie di Paesiello, di Cimarosa e anche di Bellini e di Mozart; ma specialmente quelle che Leopoldo stesso componeva per lei, in uno stile semplice e pieno di sentimento.

Ella aveva una voce tenue, ma dolcissima, che faceva un grande effetto nella piccola chiesa con l’accompagnamento dell’organo.

Quando cantava così, accompagnata da Leopoldo, i contadini dicevano che pareva d’essere in paradiso a sentire gli angeli.

Queste erano le ore beate.

Ma un crescente bisogno di attività e di distrazione li spingeva alla ricerca di altre occupazioni.

Giravano insieme per le tenute; ascoltavano i la-