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Nient’altro.

Molti fatti crudeli, che spezzano un cuore, una vita, si compiono così tacitamente.

A Melegnano, Emma soffrì molto nei primi tempi.

Tutto le rammentava il passato, l’amore di Paolo, il suo tradimento, la sua morte.

Altri dolori non le furono risparmiati.

Un giorno che erano usciti in carrozza, Leopoldo fece fermare sul «Ponte di Milano» per fare la limosina a un povero vecchio, malato di pellagra. Emma vide allora una donna che l’additava a un gruppo di popolani, e sentì queste parole:

— È la sua ganza, sì. Non vedete in che lusso la manda?

Profondamente turbata e avvilita, ella avrebbe voluto strapparsi di dosso quelle vesti eleganti e vestire sempre in lutto, simbolo del lutto che aveva in cuore.

Ma Leopoldo non voleva. Appena essa gli appariva dinanzi in abito dimesso, gridava:

— Perchè porti il mio lutto? È dunque vero che sono morto!... Perchè dici di no, se è vero, se porti il lutto per me?

Che fare? Ella si rassegnò a sfidare la maldicenza.

Tornò a vestire le belle sete lucenti, i morbidi velluti, le felpe cangianti, che egli accarezzava con tanto piacere: e non si curò più di ascoltare i discorsi della gente maligna.

Il tempo e l’abitudine smussarono molte asprezze.