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Andò a prendere un biscotto e glielo porse. Povero Hector, sempre alla catena!
Desinò sola con la signora Marta, come sempre nei giorni di ressa.
— Chi prenderà il mio posto al comptoir? — domandò.
— Io.
— Lei, Marta?
— Sì. In fondo m’annoio qui, e la noia rende pessimisti. E poi, così, se per caso tu non ti trovassi bene coi signori e volessi ritornare, ritroverai il tuo posto.
— Come è buona lei, Marta!
Marta sorrise, poi disse:
— Non sarà il caso. Tu ti farai presto sposa.
— Io?!... mai più.
— Vorrei vedere che una ragazza, bella e buona come te, rimanesse in terra! Quel bel signore che ti ha salutata poco prima, non pensa che a te.
— Lei sogna.
— Non sogno. Egli ti ama. Vi saranno delle difficoltà, magari insormontabili, ma egli ti ama. Vuoi che ti faccia le carte?
— Grazie, Marta. Sa che non ci tengo.
Risero tutt’e due e parlarono d’altro.
Ma Emma era distratta, assorta. E la buona Marta la guardava pensando tra sè:
— Tu ami, o hai amato, o stai per amare.