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— Crede di essere un fantasma ritornato nel mondo per soffrire ancora, finchè avrà espiato le proprie colpe. Da principio non voleva mangiare. «Come volete che mangi?» diceva. «Non vedete che sono un fantasma?» Con molta pazienza, il direttore dello stabilimento lo ha fatto persuaso che gli stessi fantasmi hanno bisogno di mangiare in date circostanze per una artificiale rinnovazione delle molecole che devono produrre il fosforo dello spirito. Al primo momento non se ne fece nulla. Ma poco a poco, udendo ripetere la stessa cosa tutti i giorni, con tanta serietà e convinzione, da uno scienziato così autorevole, il nostro povero amico se ne impressionò, subì la suggestione e cominciò a mangiare.

— E adesso come sta?

— Bene in apparenza. Parla come noi, solo ad intervalli esce a dire: Quand’ero vivo...

— Quale miseria!... Lo lascieranno uscire se io mi faccio garante di assisterlo?

— Altro! Purchè egli voglia. Ma lei, signorina, vuol vivere con un pazzo?

— Non è il mio dovere?... Non sono io la causa della sua disgrazia?

Andrea sentì uno schianto al cuore, e non osò replicare.

Camminarono un pezzo in silenzio.

— E il processo? — domandò Emma rammentandosi che un processo doveva pure esserci stato.