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che si amassero. Invece Emma non volle, e andò via, forse temendo che io la forzassi.

— Sei sicuro che sia andata via per questo? — domandò Marco insistendo.

— Non so. Non trovo altro. Forse dubitava di non essere amata, come del resto mi ha detto. Forse...

Troncò la frase.

— Pensi tu che amasse un altro?

— Non saprei chi! — esclamò Leopoldo turbato.

Nella saletta giuocavano come il solito. Le due vecchie si bisticciavano quasi per ogni carta. Vi era anche il dottore che metteva un po’ d’allegria, raccontando delle barzellette, lanciando qualche frizzo leggermente salace ai due fidanzati. Cleofe sorrideva di tratto in tratto contenta che egli fosse là.

Le due vecchie, gli occhi fissi sulle carte, chiedevano ripetutamente di Celanzi.

— Deve stare in casa — rispondeva tranquillo il dottore. — Ha una minaccia di polmonite. Lo tengo in osservazione.

— To’! Ho visto sua madre stamani alla messa, non sapeva nulla!

— Sicuro. Mi crede tanto stupido da dire queste cose alle mamme?

E volgendosi a Leopoldo che era comparso sull’uscio, soggiunse:

— Non suoni, neppure questa sera? Si giuoca meglio quando tu ci rallegri colla tua musica.