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— Quante volte ho inorridito di me stessa!... Non sono però tanto abbietta... no! Non sempre fui debole. Potrei vantare anech’io qualche vittoria. So che non serve. So che una donna onesta deve vincere sempre, che una sola disfatta la perde. Per questo sono qui, ai tuoi piedi, per questo imploro la tua pietà. Leo! ti scongiuro, non disonorarmi agli occhi di Annetta! Ammazzami, comandami di morire... ma che Annetta non sappia!

Ella attendeva, umile e desolata, protendendo le mani verso di lui; sformata in volto, gli occhi gonfi, morti; improvvisamente invecchiata e incurante di mostrarsi quale era.

— Tu mi domandi l’impossibile — disse Leopoldo.

— L’impossibile?!...Tu vuoi che mia figlia sappia?... Che mi disprezzi?... che disprezzi sua madre?

Si alzò, di sbalzo, terribile.

E curvandosi sopra di lui, ansimante, il viso infiammato, stringendo i pugni,

— Tu non puoi voler questo! — esclamò. Non sai che nostra figlia è ardente, appassionata, capricciosa?... Vuoi tu che quando arriverà anche per lei l’ora fatale, quando sarà assalita a sua volta, vuoi tu che a tutti gli altri incentivi si aggiunga questo, che essa possa dirsi: mia madre l’ha fatto, lo farò anch’io?... No, tu non puoi volerlo!...

Dopo un breve silenzio Leopoldo rispose, crollando il capo: