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rire poi tra la gente, più calmo e più freddo, col suo sorriso indecifrabile e il linguaggio corretto di un perfetto gentiluomo. Più di una volta, mentre la fiera angoscia lo divorava, qualcuno dei suoi più intimi, lo aveva giudicato un asceta, troppo assorto in pensieri elevati e scevro di ogni passione; oppure un sereno epicureo deciso a godersela in barba al destino.

Ma forse mai come quel giorno la passione e il dolore l’avevano lacerato e reso folle.

Aveva la febbre, e i suoi occhi brucenti non ci vedevano nel corridoio un po’ buio.

Andando quasi a tastoni, invece di aprir la porta dello studio, entrò, senza accorgersene, nella camera matrimoniale.

Sbalordito, avendo scòrto solo un’ombra indistinta nell’alcova, egli stava per tornare indietro allorchè un grido lo fece sostare, e, per così dire, lo svegliò.

Vide. E rimase immobile, gli occhi sbarrati.

Andrea e Cleofe balzarono dal letto, semisvestiti.

Allora, per una reazione improvvisa della sua indole, Leopoldo riacquistò tutto il suo sangue freddo, e andò diritto verso di loro, così calmo e terribile che li spaventò come se avesse spianato la canna di una rivoltella contro ai loro petti.

— Sono disarmato — disse, con tale accento e con tale sguardo che Andrea avrebbe preferito la morte. — Il caso mi ha condotto, non il sospetto; e la paura vi ha traditi.