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mente ondulato, e nel mezzo, fiancheggiata da altri alberi, la striscia argentea del piccolo fiume. Da lontano veniva il rumore di un mulino; da più lontano il brusìo di una macchina a vapore.

— Sono tanto stanca — sospirò Emma arrestandosi.

— Aspetta.

Si tolse il paletò, lo stese sull’erba, e la fece sedere.

— Come sei buono!

Egli s’inginocchiò accanto a lei, le prese una mano e la sfiorò con un bacio. Pur non avendo il più piccolo dubbio sul sentimento di quell’atto affettuoso, Emma arrossì istintivamente.

— O babbo mio! — mormorò accarezzandolo.

Come la stella filante che solca il cielo con la sua luce e ruina nelle tenebre, misero bolide informe, Leopoldo si sentì precipitare dall’alto della raggiante visione che l’aveva teste rapito, in fondo al più squallido abisso.

Mai più! Mai più!

Egli non era per lei che il buon padre.

Abituata ad amarlo così fin dalla tenera infanzia, avrebbe inorridito alla sola idea che egli l’amasse diversamente. Oltre a ciò Emma doveva amare un altro. Quella disperazione non poteva derivare altro che da un amore. Ne era convinto.

Non fiatò: non si scosse. Sorrise.

Era avvezzo a soffrire.

Intanto, Emma, mezzo sdraiata, reggendosi sul go-