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chette di velluto e piccoli tòcchi di feltro; le mani bene inguantate.
Il loro aspetto era di vere signorine di buona famiglia: non di sorelle però.
Bastava il viso severo e stranamente espressivo di Emma, i capelli neri, le ciglia arcuate, folte e sottili, i lineamenti fini, regolarissimi; la figura non alta, flessuosa, dalle mosse eleganti e snodate; bastavano i piedi e le mani, così piccoli e così sottili, per farla riconoscere d’un’altra razza.
Quando furono sul ponte, si fermarono tutte due insieme.
Annetta domandò:
— Che cosa vuoi fare?...
— Ma, se tu andassi dalla Teresa, io andrei a salutare Marta Von Roth...
Un’ondata di sangue salì alla fronte di Annetta e la chiazzò di rosso.
— Che premura che hai! Ci andremo poi insieme. Del resto, fa come vuoi. Io però non vado dalla Teresa... Addio!
E restò ferma, corrugando le ciglia, atteggiando le labbra a un vago disprezzo.
Neppure l’Emma si mosse. Si fissarono negli occhi e sembrarono avvinte da una nuova corrente di simpatia.
Annetta, indole esuberante e imperiosa, sentì che l’altra cedeva al suo desiderio; le passò un braccio