Pagina:Speraz - Emma Walder.pdf/12


— 8 —

rimbombando sul vecchio ponte del Lambro, non ancora condannato a sparire per cedere il posto ad uno nuovo, più largo e più solido.

Andavano a Lodi, i carrozzoni, andavano e tornavano da Sant’Angelo, carichi di gente e di roba. I mercati si animavano e in piazza Castello si preparava la grande fiera tradizionale, detta del Perdono.

Piazza Castello è uno dei punti più importanti del borgo di Melegnano.

Il Castello però non serba della sua antica magnificenza nulla altro che l’ossatura formidabile di atleta. Il suo ponte non è più levatoio: il fossato è asciutto e l’erba vi cresce, fitta, morbida, di un verde smagliante, come nei cimiteri. La piazza è deserta d’alberi. Solo alcuni gelsi contorti si arrampicano su dal fossato, vicino al ponte.

A destra, una croce di ferro arruginita e cadente, con la data storica 1859, ancora visibile, rammenta al viatore che questo è un lembo di terra italiana largamente anaffiato di sangue, celebre nelle storie dei grandi massacri. Tranquillo adesso e ridente — fino a nuovo ordine — Melegnano è uno dei paeselli più laboriosi di questa laboriosa contrada.

A sinistra di chi guarda il castello, una viuzza, con una sola fila di case, si sprofonda nel fosso e mette capo alla torre.

Nell’ultima casa vi è un’osteria, con alloggio, che certo deve il suo maggior guadagno alla fiera.