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— Bada!... Salgono!...
E andò alla finestra, sporgendosi in fuori, come se guardasse giù nel giardino.
Andrea si rannicchiò in una poltroncina, prese un giornale e finse di leggere.
Passarono alcuni secondi. La voce di Annetta risuonò vicinissima. Pareva stizzita la fresca voce sonora, e impregnata di lagrime.
Paolo la interruppe con l’accento ruvido, sordamente agitato di uno che a stento si domina.
— .... oh! se tu mi amassi come t’amo io!... Se tu intendessi soltanto cosa vuol dire amare come amo io....
— Si andrebbe a Mombello tutti e due, pazzi da legare.... Fa il piacere, sii un po’ ragionevole!...
— Ragionevole.... Sempre questa stupida parola!
— Stupida?... Mi fai ridere.
— Addio. Io me ne vado.
— Come?... Senti, vieni qui. Domani si va a Milano, la mamma....
La voce si allontanava. Si sentì scendere la scala a precipizio: poi un altro grido e un appello disperato:
— Paolo!... oh, Paolo!...
La signora Cleofe che si era allontanata dalla finestra per ascoltare, tornò ad affacciarsi, e vide prima di tutto la cameriera che sorrideva mezzo nascosta dietro una tenda, alla finestra del secondo