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Ora lo sentiva davvero: non c’era che un bene al mondo e questo bene era l’amore. Cesare era là vicino a lei, bello, felice, innamorato. Rinascevano tutti e due a nuova vita; passavano dall’inferno della desolazione all’estasi dei beati. Com’era dolce il passaggio!

— Mi ami dunquo? domandava Cesare che non sapeva persuadersi di tanto bene.

— Se ti amo! T’ho amato sempre. Ero una grulla, non sapeva leggere nel mio cuore. Ma quando venne la nuova della tua morte sentii subito ch’eri tutto per me, che la mia vita, era spezzata senza di te.

— O Emilia mia, che fortuna sentirsi rivivere così nel paradiso!

E i due felici continuarono a parlare del loro amore e della vita divina che li aspettava. Parlarono per quasi un’ora, senza dirsi nemmeno una piccolissima parte delle tante cose che avevano a comunicarsi.

Il signor Luigi, ch’era andato a non so che asta pubblica insieme al signor Arturo, rincasò verso l’undici. La cameriera pensò bene di non dirgli nulla della strana sorpresa che lo aspettava. Allorchè entrò nella sala la sua meraviglia fu così grande che la fida pipa gli scivolò di mano e andò a spezzarsi sul pavimento.