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— Ho freddo mormorò Bianca, ho paura.

Carlo la fece sedere sulle sue ginocchia, l’avvoltolò in un scialle e cercò d’infonderle un po’ del suo calore.

Ma un’immagine spaventosa lo fece fremere: se Bianca fosse morta! Se la malattia l’avesse colta subito, quella sera! Rabbrividì. La fissò attentamente e la strinse con piú forza al suo cuore.

Lei capì e sorrise.

— Non aver paura, disse, non morirò; ma se morissi non saremo divisi perchè tu morirai con me; ci seppelliranno insieme.

E abbandonò la testa sulla sua spalla, e chiuse gli occhi vinta dalla stanchezza e dal sonno, come un bimbo tra le braccia della sua mamma.

L’alba sorgeva e la sua luce faceva impallidire le candele rimaste accese, e Carlo Righi vegliava ancora come può vegliare un avaro alla custodia del suo tesoro minacciato.


Allorchè al venire dei primi giorni freddi il nemico fatale s’allontanò da quella piazza, dileguandosi misteriosamente, i cordoni sanitari furono levati, e Ancona tornò al consorzio delle genti.