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La mattina s’alzò verso l’otto e si trovò il primo alla distribuzione: l’impiegato gli presentò un pacco di lettere, fra le quali s’affrettò a cercare quella che sola poteva recargli conforto. Le esaminò tutte ad una ad una: ma poteva forse non riconoscere a prima vista la scrittura di lei? Eppure, teneva già l’ultima, e non era quella! Ma la speranza ostinata non lo abbandonava ancora: forse gli era sfuggita! ricominciò da capo con ansia sempre maggiore. O illusioni! O speranze! egli sapeva bene che non vi era: ma il suo cuore aveva bisogno d’illudersi fino all’ultimo istante. Finalmente gli fu forza cedere alla realtà: Bianca non gli aveva scritto. Allora soffocò un sospiro e tornò all’albergo rotto, spossato. La sua alta statura era curvata; le ciocche di capelli grigi parevano aumentate. Quelli che lo incontravano, conoscendolo di vista, si domandavano come mai fosse invecchiato in così poco tempo.
Bianca intanto pensava e piangeva. I suoi pensieri erano tutti cupi e penosi: si vedeva abbandonata al sua brutto destino: Carlo stesso ve la spingeva. La sera si rifugiò nel suo salottino fra le care memorie. Improvvisamente l’uscio fu aperto e un uomo entrò: era Carlo. Bianca mandò un grido e gli corse incontro.