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La sua voce morbida, impregnata di tristezza si elevava dolcemente nell’aria molle della serata autunnale.

I contadini l’ascoltavano un istante in silenzio, con una sorta di raccoglimento; poi, alla prima cadenza, le donne, trascinate, la seguivano; e dopo poche battute, tutto a un tratto, quasi selvaggiamente, prorompevano le voci forti e ben timbrate dei maschi.

Il coro si formava. Un coro assai primitivo, senza alcuna sapienza, senza varietà di toni; ma poderoso nella sua malinconica monotonia, e non privo certo di una cotale semplice e solenne bellezza. Di tratto in tratto sembrava come se da quei petti rozzi, da quei cervelli incapaci di un pensiero sintetico, si fosse sprigionato il più profondo sentimento della insopportabile miseria — il conscio orrore della troppo lunga ingiustizia. Erano schianti di angoscia, gridi di rivolta, appelli disperati. E quelli che nel mezzo dell’aia, battevano col coreggiato le pannocchie mondate per distaccarne il grano, seguivano il ritmo con impeto crescente, formando uno strano, formidabile accom-