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Provava un’amarezza che la soffocava; un doloroso pentimento. Le pareva che don Giorgio non l’amasse più e non volesse più saperne di lei... E lei s’era quasi offerta!... Che vergogna!...

Egli invece la guardava piangere, con intima gioia. Quelle lagrime che vedeva correre sulle guancie di lei scendevano fino in fondo al suo proprio cuore, calmando soavemente l’atroce febbre da cui era arso.

Finita la lotta! Aveva tentato l’impossibile. Ora era vinto... vinto e felice.

Le si accostò: la prese per le braccia, l’attirò a sè.

— Non piangere, Cristina!... Non ho voluto offenderti, sai?... Ti amo! Sì — è male... ma ti amo... È tanto tempo che mi bruci il sangue... che ti sogno... che ti voglio... E tu pure mi ami... lo so, lo so, sai...

Parlava concitato, con la voce soffocata: il petto anelante si alzava e si abbassava con un movimento rapido, poderoso.

— Oh! Cristina! non so quale destino, se buono o perfido, t’abbia mandata qui a questa