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miare la pallida cognatina incapace di faticare, lei, così gracile.

I maligni ghignavano di quella gracilità. Si sapeva bene che Sandro l’aveva presa di malavoglia la figliuola di Marco Scaramelli, per obbedienza al fratello maggiore che vedeva la necessità di avere in casa una lavoratrice; e per non dargli sospetto. Del resto, come moglie non la guardava neppure; anche questo si sapeva. Lei non era che l’asino di casa Rampoldi: moglie era la Virginia, tanto dell’un fratello che dell’altro, di Sandro come di Pietro. Se ne raccontavano d’ogni colore sugli amori dei due cognati; e Maria, sposa legittima di Sandro, era chiamata impunemente l’asino dei Rampoldi.

La sorella di lei, l’ardita Cristina, che di tali discorsi ne aveva sentiti anche troppi, fremeva dentro di sè; ma non le bastava il cuore di dire tutto quello che pensava alla sua sorella.

Tanto non sarebbe giovato; Maria non era donna da vendicarsi.

Seduti nella cucina semibuia, intorno alla vecchia tavola, i due Rampoldi e la bella Virginia mangiavano la minestra e del buon pane