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— Chi resta qui dovrà mangiare l’erba come le vacche! — diceva il vecchio Melica, il padre della povera Giulia, con quella sua faccia di fauno.

Altri concedevano uno sfogo ai nervi irritati picchiando i ragazzi che sgambettavano mezzo ignudi nel fango, raccattando le panocchie lattiginose sui gambi spezzati, per farle cuocere sulla brage.

Qua e là si trovavano certi chicchi di grandine, che a tener calcolo della parte già disciolta, dovevano essere come noci quando venivano giù.

Allo spuntar del giorno arrivò il fittabile stralunato, ringhioso; e tentò di gettare una parte di colpa sui contadini che non si erano affrettati a raccogliere il riso melone, già maturo; come se non fosse toccato a lui a dare gli ordini!

Ma il Melica, vecchio e sparuto com’era, minacciò di strozzare quel prepotente, se non la finiva. E lo scacciasse pure! Tanto, morir di fame qua o là era lo stesso!

Il sole, appena comparso, veniva coperto dalle nuvole nel cielo cupo e tempestoso.