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quelle oscure parole. E tali conseguenze sono: miseria e fame!

Quell’anno la carestia batteva in vari punti della bassa pianura lombarda. E i bachi erano andati male; parte, perchè il freddo aveva bruciata la foglia in primavera: parte, perchè il caldo eccessivo e precoce li aveva paralizzati nel momento difficile in cui si preparavano a filare.

— Dopo tante fatiche!... — Dopo tanta spesa!... — gemevano le povere donne.

— È l’annata cattiva — dicevano i fittabili — passerà. Ci vuol pazienza. Ma i contadini scrollavano il capo.

Era il flagello! Dio li puniva. Da dieci mesi — dalla scomparsa di don Giorgio Castellani con la Cristina — il nuovo curato, un uomo austero, dalla mente ristretta, pieno di terrori, preconizzava dal pergamo il castigo di Dio.

Non osando attaccare il suo antecessore, il cui romanzo amoroso lo empiva di ribrezzo, egli si scagliava contro i cattivi costumi generali: la irreligiosità dei padroni, vale a dire, dei fittabili, chè di veri padroni ve n’ha ben pochi che abitino