Pagina:Sperani - Tre donne, Milano, Galli, 1891.djvu/109


— 99 —

nella sua casa, unico asilo per lei. Su questo, nulla era da mutare. Ma... non poteva quella convivenza essere senza peccato, santa, ideale?... Non potevano, libato il calice inebbriante, colto il fiore divino dell’amore, vivere vicini in casta amicizia, amanti sublimi, martiri dell’idea?!...

Oh! il bel sogno!...

Ei l’accarezzò quel sogno: volle farne una realtà.

E la ragazza dei campi, la contadina ignorante, ineducata, intese questa bellezza ideale; e abbracciò con entusiasmo la mistica poesia del sacrifizio.

Ma dopo quattro mesi, quantunque non avesse mancato in alcun modo alle sue promesse, don Giorgio non credeva più di poterle mantenere in eterno. Una grande tristezza era in lui. Capiva d’essere stato eccessivamente presuntuoso, forse ipocrita, forse gesuita.

Il terribile dilemma si delineava sempre più chiaramente sotto ai suoi occhi; tanto più dopo che la Cristina aveva cacciato il vecchio incorreggibile, che si ubbriacava, rubava e li insultava nelle sue orgie. Nessuna via di accomoda-