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distinzione terza. - cap. ii. |
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ghieri. Noi prendendo piacere di disonesto amore l’uno dell’altro, ci conducemmo a consentimento di peccato; il quale a tanto condusse lei, che per potere fare più liberamente il male, uccise il suo marito. E perseverammo nel peccato in fino alla ’nfermità della morte: ma nella infermità della morte, in prima ella e poi io tornammo a penitenzia; e confessando il nostro peccato, ricevemmo misericordia da Dio, il quale mutò la pena eterna dello ’nferno in pena temporale di purgatoro. Onde sappi che noi non siamo dannati, ma facciamo in cotale guisa, com’hai veduto, per nostro purgatoro; e averanno fine, auando che sia, nostre gravi pene. E domandando il conte che gli desse ad intendere le loro pene più specificatamente, rispose con lagrime e sospiri: Imperò che questa donna per amore di me uccise il suo marito, l’è data questa penitenzia, che ogni notte, tanto quanto hai stanziato la divina giustizia, patisce per le mie mani duolo di penosa morte di coltello. E imperò ch’ella ebbe in ver’ di me ardente amore di carnale concupiscenzia, per le mie mani ogni notte è gittata ad ardere nel fuoco, come nella visione vi fu mostrato. E come già ci vedemmo con grande disio e con piacere di gran diletto, così ora ci veggiamo con grande odio e ci perseguitiamo con grande isdegno. E come l’uno fu cagione all’altro d’accendimento di disordinato amore, così l’uno è cagione all’altro di crudele tormento: chè ogni pena ch’io fo patire a lei, sostegno io; chè ’l coltello di che io la ferisco, tutto è fuoco che non si spegne; e gittandola nel fuoco, e traéndonela e portandola, tutto ardo io di quello medesimo fuoco
ch’arde ella. E ’l cavallo si è uno demonio, al quale siamo dati, che ciha a tormentare. Molte altre sono le nostre pene. Pregate Iddio per noi; e fate limosine e dire messe, acciò che si alleggierino1 i nostri martirii. E, questo detto, sparì, come saetta folgore.
- ↑ Le edizioni del 400 e Salviati: alleggerischino - alleggeriscano