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distinzione seconda. — cap. vi. 31

Soccorretemi, o cittadini, soccorrete il vostro conte misero, isventurato. E così gridando, sparì degli occhi degli uomini, e andò a essere1 sanza fine nello 'nferno co'demonii. È ancora offesa e ingiuria dell’Angiolo ch’è dato all’uomo che ’l guardi, il perseverare nel peccato, e lo ’ndugiare della penitenzia. Onde dice san Bernardo: Abbi reverenza in ogni luogo, quantunque sia segreto, all'Angiolo tuo guardiano, e non ardire di fare in sua presenzia quello che tu non faresti nella mia. E se l’Angiolo, anzi gli Angioli di Dio, hanno allegrezza, come dice Iesu Cristo nel Vangelo, del peccatore che fa penitenzia, così è da credere che hanno a spiacere coloro che, perseverando nel peccato, offendono a Dio e non ne fanno penitenzia. E di ciò si potrebbono contare certi essempli scritti altrove; ma per non iscrivere troppo lungo, gli lascio stare. Adunque, per le ragioni dette di sopra, e per molte altre che si potrebbono dire, ma per brevità si lasciano, dobbiamo fare penitenzia, e dèsi fare tosto, sanza indugio. E dee essere intera, cioè ch'altri si penta e dolga di tutti i suoi peccati, e di ciascuno per sé spezialmente, se se ne ricorda. E dêsi ingegnare di ricordarsene, acciò che, come la volontà della persona in ciascuno peccato disordinò, non dovutamente dilettandosi, così si riordini, debitamente di ciascuno peccato dolendosi. E di questo parlerò più distesamente quando parleremo della contrizione. Dee ancora la penitenzia essere continova insino alla morte: e se non quanto all'atto di fuori, come il digiuno, ciliccio, lagrime, discipline e simili cose che fanno coloro che stanno in penitenzia, o che sieno loro imposte dal confessoro, o che volontariamente la si prenda a fare, le quali si possono interamente lasciare, e riprendere più e meno, a luogo e tempo, secondo la condizione delle persone; ma quanto all'atto dentro, ch'è dolersi e pentersi de'peccati commessi, dee la persona continova-

  1. Nel senso, o per iscambio di stare (andò a istare.)