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14 | distinzione seconda. — cap. i. |
Dio e disubbidire a' suoi comandamenti), séguita che giustamente noi meritiamo tormento e pena; e dê, secondo la divina giustizia, la pena per lo peccato essere eterna e sanza fine. Ma la divina pietà, benignamente guardando l'umana fragilità, mitiga la severità e 'l rigore della giustizia colla dolcezza della sua misericordia; e la pena eterna iscambia in pena temporale a coloro che si pentono d'avere mal fatto, e peccando avere offeso la divina bontade: onde ha provveduto del sacramento della Penitenzia, la quale ha virtù infinita dallo infinito merito della passione di Cristo; e puníscesene il peccato temporalmente, e l'uomo si riconcilia con Dio per la Penitenzia, che con virtù infinita la colpa e la pena dall'uomo rimuove e toglie: e questa è la giustizia che il peccato punisce, e la quale noi dobbiamo amare, prendere e tenere, avvegna che pochi amadori truovi. Onde il profeta Ieremia se ne rammarica, dicendo: Non est qui poenitentiam agat super peccato suo: Non è chi faccia penitenzia del suo peccato. Or che pietà è questa e che cordoglio, qual confusione e qual vergogna, che non si truova chi per l'amore della giustizia si guardi di peccare o si penta dell’avere peccato! Almeno quello che non si fa per amore, si facci per timore della severa giustizia di Dio.
Leggesi, et è scritto dal1 venerabile dottore Beda, che, negli anni domini ottocento sei, uno uomo passò di questa vita in Inghilterra, e innanzi che fosse seppellito, l'anima tornò al corpo. E spaurito e sbigottito per le pene e per li gravi tormenti che avea veduti sostenere a'peccatori nell'altra vita, faccendogli gli amici e parenti carezze e festa, non si rallegrava niente; ma subito, tuto spaventato, si fuggì al diserto. E faccendo allato a uno fiume una picciola cella, ivi abitò infino alla morte; dove s'afflisse in penitenzia in tale
- ↑ Il Testo da noi preso a guida: Leggesi e scrivesi del ec., con modo doppiamente equivoco, e certo errato quanto alla forma dell'articolo.