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che froda e lo ’nganno vi debba giovare, volendo migliori patti e condizioni di pace che in prima: la qual cosa per niuno modo esser dee; anzi ne dobbiamo prendere forte isdegno. E non dite che i nostri padri antichi imprendessono la guerra per la Sicilia, e noi per la Spagna; che non è cosi: ma eglino la presono in soccorso de’ Mamertini e in loro aiuto, e’ quali erano compagni e in lega con loro; e noi per lo disfacimento della città di Sagunto, la quale essendo in nostra compagnia, voi l’assediaste e guastaste, iustamente e per pietà di quella città contro voi guerreggiando prendemmo l’armi. A ciò voi ci provocaste, sì come tu medesimo confessi e gli Dii ne sono testimoni; sì come1 di quella guerra ci fecero riuscire vincitori e con vittoria, secondo che voi giustamente meritaste, così fanno e faranno, certo sono, di questa. Ben so che l’umana fragilità e infermità è molta, e non creder tu ch’io l’abbia dimenticato; e penso bene la forza della fortuna, e so che tutte le cose che noi facciamo sono sottoposte a mille casi incerti. Ma come superbamente e oltraggiosamente averei fatto, se io, innanzi ch’io avessi passato nell’Africa, t’avessi negata la pace, volendoti tu partire voluntariamente e venendo a richiedere di pace; cosi ora avendoti ritratto della Italia per forza, dove quasi eri già per venire con noi alle mani, e quanto potesti ti tenesti di non partirti, non sono tenuto di condiscenderti, nè di renderti reverenza veruna. Tuttavia, se tu volessi dire nulla, o dolerti delle navi vostre ch’erano in conserva, messe da noi in rotta; e degli ambasciadori vostri sforzati e presi al tempo della triegua, ch’e’ vi paia che fosse contro la triegua ch’era tra noi; dello indugiare della guerra potrònne avere consiglio, acciò che non abbiate cagione di rammaricarvi di noi. Se nollo avetevi recato ad animo, o non vi pare grave, non ci ha altro di che dolere di noi ragionevolmente vi possiate. E per ciò, se a quello che per li nostri maggiori prima s’ado-

  1. Sarebbe da leggersi: che, come.