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camente a bandiere spiegate assalire le mura di Roma; e ora mi vedi, privato di due fratelli, fortissimi e famosissimi imperadori, Asdrubale e Magone, stare davanti alle mura della propia patria quasi assediata, e pregare che in ver’ di me non si faccia quelle cose per te, colle quali io già spaventai e misi in grande paura la vostra cittade. E però non è da credere a qualunque fortuna, e spezialmente a’ prosperi e fortunati principii, come sono stati i tuoi; però che possono avere infortunato mezzo e fine, sì come è istato il mio. Ora, essendo le cose nostre dubbiose e incerte, è bella e attevole1 la pace a te che l’hai a concedere e dare, e a noi che la cheggiamo più utile e necessaria, che rimanere nemici e in guerra. Migliore e più sicura cosa è la pace certa, che la sperata vittoria; però che la pace è nelle tue mani e nella tua balia; la vittoria è nelle mani degli Dii. O Scipione, non volere porre a rischio d’una ora la felicità e la prospera fortuna di cotanti anni; e pensa nell’animo tuo non solamente le forze tue e ’l tuo podere, ma ancora la forza della fortuna e quella di Marte, iddio delle battaglie, il quale è comune a ciascheuna delle parti; e che dall’uno lato e dall’altro saranno corpi umani quegli che combatteranno. E voglio che tu sappi una cosa: che in niuno luogo rispondono meno gli avvisi secondo il volere e la speranza, che in battaglia, dove le misure non riescono. E considera il partito che hai per le mani, e a che rischio tu ti metti: ché non potresti tanto di gloria e d’onore accrescere vincendo per battaglia, sopra quello ch’avresti dando la pace; quanto, se piccola sciagura t’incontrasse, la fortuna ti potrebbe d’una ora tôrre e guastare l’onore acquistato, o vero che isperassi d’acquistare. Cornelio Scipione, il far la pace è posto in tua podestade; ma se a battaglia ti conduci, sarà la fortuna a cui Iddio la

  1. Esempio, come il precedente, non trascurato, ponendolo sotto la dichiarazione: Atto. Nel latino: In bonis tuis rebus, nostris dubiis, tibi ampla ac speciosa danti est pax.