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308 | trattato della scienza. |
consulas nec divinos, nec quoeras a mortuis veritatem: Non si truovi in te, popolo mio, chi domandi nulla dagl’indovini, o chi osservi sogni o altri augurii: non sii1 malífico né incantatore, e non cercare di sapere da’ morti la verità. E quanto questo peccato dispiaccia a Dio, si dimostra per le gravi punizioni che n’ha fatto.
Leggesi2 nel libro de’ Re, che perché Ocozia re d’Isdrael mandò all’idolo d’Accaron per sapere quello che di lui dovesse essere, ch’era infermo, Iddio adirato contra di lui per quello ch’avea fatto, sì gli mandò dicendo per Elia profeta: – Per quello che tu hai fatto, del letto dove tu giaci non iscenderai mai, ma morto ne sarai levato. – E così fu fatto. E del re Saul si legge, nel libro Paralipomenon, che tra gli altri peccati per li quali fu reprobato da Dio, e sconfitto e morto da’ nimici, fu perch’egli richiese una indovina per sapere quello che dovesse intervenire della battaglia co’ Filistei. La legge divina sotto gravi pene comanda che tal peccato non si commetta. Onde dice nel Levitico: Anima quoe declinaverit ad magos et ariolos, ponam faciem meam contra eam ad interficiendum eam: Qualunche persona ricorrerà a’ magi o agl’indovini, io porrò la faccia mia contro a lei a ucciderla. E in un altro luogo: O uomo o femmina che sia, ch’abbia spirito fittonico o sia indovino, sia morto3 colle pietre, sieno lapidati, e ’l sangue loro sia sopra di loro. Secondo le leggi umane, civili e ecclesiastiche, questi cotali indovini e incantatori sono infami, e non debbono essere ricevuti a testimonianza4 né alla comunione; anzi debbono essere iscomunicati. Onde santo Agostino dice: Questa vanità, anzi iniquità dell’arte magica, la quale per operazione de’ maligni spiriti è introdotta nel mondo, dee essere di lungi dal fedele cristiano; chè chi