rompe e fiacca. Le quali cose dànno ad intendere le ragioni
de’ vizi e de’ peccati, che fanno rompere e perdere la pura saldezza della innocenzia;1 che quanto più sono gravi, tanto più la fiaccano e spezzano; e rimane l’uomo d’ogni bene e grazia privato: né non ha rimedio cotale rompimento, per lo quale si possa risaldare la rotta navicella della santa innocenzia; anzi rimane l’uomo così nabissato, abbandonato e ’ngnudo nel mezzo del tempestoso mare, sanza speranza di gnuno buono soccorso. Solamente d’uno refuggio ha provveduto il misericordioso Iddio il quale non vuole che l’uomo perisca e muoia, avvegna che a sua colpa la navicella salda e lieve della quale Iddio gli avea provveduto acciò che per quella iscampasse, sia fracassata e rotta. E questa è la penitenzia, alla quale conviene che accortamente s’appigli e perseverantemente tegna qualunche vuole dopo la rotta innocenzia iscampare. E questo vuole dire il dottore santo beato Ieronimo, per somiglianza parlando, quando disse ch’ella era la seconda tavola dopo il pericolo della nave rotta, cioé il rimedio e il sicuro rifuggio, poi che perduta e rotta era la prima innocenzia. Dove nota, che come a coloro che rompono in mare, conviene che sieno molto accorti a dare di piglio e a
fortemente tenere alcuna tavola o legno della nave rotta,
innanzi che l’onde del mare lo traportino, non istante la paura, lo sbigottimento, il dibattimento, l’ansietade, l’affanno, lo spaventamento e ’l conturbamento del capo, e gli altri gravi accidenti che hanno a sostenere coloro a’ quali tale fortuna incontra; così l’uomo che, mortalmente peccando,
perde la innocenzia, immantanente, sanza indugio, dee avere ricorso alla penitenzia, non istante qualunque impedimento o ritraimento che ’nduca il commesso peccato. E come dee tosto, sanza indugio, il rimedio della penitenzia prendere, così la dee con perseveranza tenere. E di ciò parla la santa Iscrittura, che dice: Lignum vitae est his qui apprehenderint eam,
- ↑ Nella stampa del 95: la sadezza della pura innocenzia.