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trattato della scienza. 281

Dire bene e vivere male non è altro se non condannare sé medesimo colla bocca1 sua. E san Ierolimo dice: Non confondano le parole tue la vita tua, e non ti intervenga che, predicando tu, si dica dagli uditori; perché non fa’ tu quello che tu di’? e convengati udire il rimprovero del comune proverbio: Medico, cura te medesimo; e trâtti prima la trave dell’occhio tuo, e poi potrai trarre il brusco dell’occhio altrui. La mano, adunque, del predicatore s’accordi colla lingua. Chi non si reca la mano a bocca, tardi si satollerà, e rimarrà affamato satollando altrui; e saràgli per rimprovero detta quella parola della Scrittura: Vox quidem, vox Iacob est: sed manus, manus sunt Esau. E che ciò molto dispiaccia a Dio, si mostra nel santo Vangelo, quando Iesu Cristo maladisse il fico dove non trovò frutto, ma pure foglie; e seccòssi. Dove per lo frutto s’intende l’opere buone, per le foglie le parole; onde, contro a quegli Farisei, maestri della legge, dicea: Quello che vi dicono servate e fate, ma non vogliate fare secondo l’opere loro; chè dicono parole, e non fanno fatti. Nuoce questa cotale dottrina sanza le buone opere agli uditori; però che non è efficace, e non fa quel frutto al quale è ordinata: onde chi non arde, non incende. E però dice san Gregorio, che più vale a fare utile negli uditori una coscienzia d’un fervente amore, che non fa la scienzia de’ sottili sermoni: e la soavità della dolce lingua non vale niente, se non si condisce col sapore della santa vita. E coloro sanno dolcemente d’Iddio parlare, i quali l’hanno ferventemente preso ad amare: altrimenti, perché i predicatori solo col suono della voce dicano la verità, non è loro creduta, e agevolmente caggiono nel vizio della vanagloria; chè, com’eglino sono vani e sanza frutto di buone operazioni, così vanamente dirizzano la loro intenzione al piacere delle genti, e a volere essere lodati, e tenuti savi e santi. Contro a questi cotali parlò san Paolo quando dicea: Noi non siamo come alquanti e’ quali avólterano la parola di Dio. Dove è da notare che la

  1. Ediz. 95 e 85: voce (o boce).

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