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trattato della superbia. |
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questa non è da parlare qui, ma nel seguente capitolo. L’altro modo si puote considerare in quanto è uno vizio speziale, distinti dagli altri vizi capitali; il quale, come è detto di sopra, è uno amore disordinato della propia escellenzia: e di questa cotale superbia dobbiam1 dire qui. Della quale dice il Maestro delle sentenzie, e prendela da santo Gregorio, che quattro sono le spezie della superbia. La prima si è quando alcuno bene o alcuna bontà che la persona ha, l’attribuisce a sé: la seconda spezie si è quando la persona crede bene avere da Dio ogni bene ch’egli ha, ma crede che Dio glie l’abbia dati per suoi meriti: la terza si è quando altri si vanta d’avere quello ch’ e’ non ha: la quarta spezie della superbia si è quando altri desidera di parere e di mostrare singularmente di avere quello ch’egli ha, dispregiando gli altri. Contro la prima spezie della superbia parla san Paolo, e dice: Quid habes, quod non accepisti? Che ha’ tu, o uomo, che tu non abbia ricevuto da Dio? quasi dica: nulla. Onde san Bernardo contro a questo vizio dice: Chi è sì stolto che creda avere altronde che da Dio quello ch’egli ha? Almeno non doverebbe essere peggiore che quello fariseo del Vangelo, il quale riconosceva d’avere da Dio quello ch’egli avea, e dicea: Gratias tibi ago Domine; e quello che séguita: Io ti rendo grazia, Signore Iddio: e diceva quello che non
avea di male, e quello ch’egli avea di bene. Sì che almeno egli dava ad intendere che, avvegna che in altra spezie di superbia offendesse, non peccava in ciò, che non gli paresse avere da Dio quello bene ch’egli avea; come fanno quegli superbi che non riconoscono i beni che hanno, e non ne rendono grazie a Dio, e così diventano ingrati: ch’ è uno grande vizio, a Dio e agli uomini spiacevole. Del quale dice san Ierolimo, che grande superbia è essere ingrato. Questi cotali, come dice san Gregorio, da che non rendono grazie a Dio de’ beneficii ricevuti,
- ↑ Dobbian, nel Manoscritto: e così spessissimo, tanto se la voce sia intera quanto se troncata ovvero unita ad affissi.