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184 | distinzione quinta — cap. vii. |
non avesse già revelazione da Dio) s’e’peccati che tutto dì si fanno con pensieri e consentimenti1 e coll’operazioni, sieno mortali o veniali; per istare nel sicuro, migliore consiglio è ch’altri confessi tutti i suoi peccati, mortali o veniali o dubi che sieno; e non pure una volta l’anno, ma più spesso, e spezialmente in certi casi che sono detti2 di sopra. Né non si debbono avere a vile i peccati veniali: chè, avvegna che ’l peccato veniale, e molti peccati veniali non tolgano3 la grazia e la carità, la qual toglie solo il peccato mortale; tuttavia la ’ntepidiscono e dispongono al peccato mortale: chè tanto si può l’uomo ausare al peccato veniale, che cade poi agevolmente nel mortale. E però gli dee la persona vietare in quanto si può, e di non fargli e di non farne molti; e poiché sono pure fatti, o pochi o molti, di trovare il rimedio che sieno perdonati. E Iddio, per la sua benignità e misericordia, ha trovati molti rimedi contro a’ peccati veniali, e sono otto,4 che si contengono in due versi, che dicono così:
Confiteor, tundo, conspergor, conteror, oro,
Signor, edo, dono: per haec venialia pono.
In prima si perdonano i peccati veniali per confiteor; cioè per la confessione generale: e puòssi intendere confessione generale in due modi. L’uno modo si è quando l’uomo si confessa sagramentalmente in segreto al prete de’ peccati veniali, dicendo certi peccati di che altri si ricorda spezialmente, o che sieno gravi o che altri creda che sieno gravi, e poi generalmente di tutti i peccati veniali: e allora si perdonano insieme cogli altri in virtù della contrizione che ha colui che si confessa, per la umiltà della confessione, e per la orazione che fa il prete nella assoluzione, e in virtù delle chiavi le