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distinzione quinta — cap. vii. |
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ma da Dio e dàlle morte, in lui finalmente risiede. È, adunque, cosa manifesta, che quella cosa è peccato mortale la quale ha il suo originale principio nella volontà, la quale è perversamente iscostata dall’ultimo fine Iddio, amando le creature che sono al fine, come s’elle fossono l’ultimo fine. Poi procede il peccato dall’atto drento della disordinata volontà, agli atti di fuori, vedendo, udendo, parlando, toccando e operando co’ sentimenti o co’ membri del corpo, secondo che la volontà perversa comanda e muove: e ciascuno atto al quale tale volontade muove, è peccato mortale, come da mortale principio si produce e viene. E quando la mala volontà si congiugne coll’atto di fuori, è pure uno peccato mortale; ma quando tra la mala volontà e l’atto o vero l’operazione hae intervallo e spazio di tempo, sono due peccati mortali: l’uno, la mala volontade, con consentimento e diliberazione fermata a volere lo male; l’altro è l’atto di fuori, o vero l’operazione alla quale induce e muove la mala volontade. Onde puote intervenire, anzi tutto dì interviene, che innanzi che si vegna all’atto di fuori d’un peccato mortale, come sarebbe
uno omicidio o uno adulterio o altro atto simile, molte volte innanzi mortalmente si pecca: imperò che, quante volte la volontà col consentimento della ragione diliberatamente consente e vuole fare il peccato o pervenire infino all’atto del peccato, o accetta o consente
d’avere diletto del pensiero e della immaginazione o della ricordanza del peccato, o già fatto o di quello che s’avvisa che sia possibile a fare, avvegna che non lo volesse fare; per ogni volta si commette peccato mortale. Onde la persona che si confessa, non solamente dê dire i peccati, e le volte che si fanno con gli atti e coll’operazioni di fuori; ma eziandio le male volontadi, con diliberati consentimenti che sono iti innanzi all’atto del peccato, o che si sono avute, sanza mai venire o volere venire all’atto di fuori, o all’operazione del peccato. Peccato
veniale è detto quello ch’è leggiere e che è degno di venia;