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distinzione quinta — cap. iv. |
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modo d’orazione. Alcuna volta dice il prete: Bona quæ fecisti et intendis facere, sint tibi in remissionem peccatorum tuorum etc. E hanno i beni che si fanno, per virtù di queste parole dette dal prete nell’uso delle chiavi, alcuna efficacia più a sadisfare per li peccati, che non averebbono. Alcuni pongono la mano in capo quando prosciolgono; e non è ben fatto: imperò che questo sagramento non richiede imposizione di mano, come alcun altro. Meglio è che si faccia il segno della croce, a dare a intendere che in virtù del segno1 della croce di Cristo s’adopera, e ha efficacia questo sagramento, del quale il prete è solamente ministro. La quarta cosa nella quale si richiede che ’l confessoro abbia molta discrezione, si è nel domandare e nel ricercare la coscienza della persona che si confessa: che s’egli vede che la persona, o per ignoranza o per vergogna o per temenza o per ismemoraggine, non dica i peccati che ’l confessoro stimi e creda che quella cotale persona debbia aver fatti, sì la dee rassicurare, e rìcordarla dei peccati e domandarla: – Averesti tu offeso in tale o in tale cosa? – Onde dice san Tommaso, che ’l confessoro dee ricercare la coscienza del peccatore come il medico la piaga, la quale non saprebbe né potrebbe sanare se in prima non conoscesse la qualità e la malizia sua; e come il giudice la quistione, la quale egli non saprebbe diffinire o sentenziare se prima non conoscesse la verità del fatto; e però la investiga e l’esamina. Così dee fare il prete confessoro, il qual è medico e giudice che ha a medicare e giudicare il peccatore inferno e malfattore: ma ciò dê fare con molta discrezione, e dee osservare tre cose.
- ↑ Non meglio, per quel quel che a noi sembra, il Manoscritto nostro e l'edizione del 25: del sangue.