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distinzione quinta — cap. iv. | 131 |
be penitenzia veruna; adirato il malfattore, giurò che, da che non gli volea dare penitenzia, che la darebbe a lui; e che se pure al papa gli convenia andare, che v’andrebbe anche per lui: e sì l’uccise. Venendo al terzo confessoro, e confessando i vecchi peccati e’ nuovi, udendo il confessoro ch’egli avea morti due confessori, disse fra sé medesimo: – Me non ucciderai tu: – e benignamente favellandogli o confessandolo, solamente gl’impose per penitenzia, che quando vedesse alcuno morto, lo dovesse accompagnare alla fossa e porre la mano ad aiutarlo soppellire, e pensasse della morte. Ricevette volentieri la penitenzia il peccatore, e partissi contento. E facendo la penitenzia ingiunta una volta o più fedelmente, prendendo orrore della morte, e considerato lo stato suo, compunto, n’andò al diserto; e preso abito di Religione, vivette in santa penitenzia in fino alla morte.
Ag’infermi non si vuole imporre penitenzia veruna, ma imporre loro che se guariscono, tornino in fra certo termine a stare a’ comandamenti della Chiesa, e ricevere degna1 penitenzia.
Qui si dimostra come il confessoro dee fare l'assoluzione e degli scomunicati e degli altri peccatori.
Da coloro che fossono iscomunicati di maggiore escomunicazione, assolvendogli nella forma della Chiesa col salmo e colla verga e coll’orazione, dee il confessoro domandare seramento, ch’egli staranno a’ comandamenti della Chiesa, e poi dire: Ego absolvo te a tali sententia excommunicationis; e all’ultimo gli dee comandare che non caggia mai più in tale follia, per la quale egli era escomunicato. E impongagli condegna penitenzia, s’egli è sano: s’egli è infermo, tegnendo la forma predetta, comandigli che se campa, torni a lui a ricevere la penitenzia. E guardi bene colui che avendo l’auto-
- ↑ Nel Manoscritto: vera.