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distinzione quinta — cap. iv. 125

leggiadro, non feminacciolo, non motteggiatore, non giullare, non crudele, non rattore, non vagabondo, non isleale, non oltraggioso, non ispietato, non astioso, non isfrenato, non prosontuoso: ma dee essere sobrio, pudico, casto, modesto, mansueto, pietoso, benigno, affabile, liberale, paziente, fedele, segretiere, tacito, pacifico e quieto, veritiere, caritativo, contenente, onesto, esperto e inreprensibile d’ogni male mendo. E chi vuole sapere chente dee essere colui che ha cura d’anime, legga nella prima Pistola di san Paolo a Timoteo quello capitolo dove dice: Oportet episcopum inreprehensibilem esse etc. Il quale capitolo esponendolo santo Agostino e santo Ambruogio, come si contiene nel Decreto, dicono che avvegna che paia che l’Apostolo parli de’ vescovi, ma quella regola s’intende di tutti coloro che sono preti ordinati e hanno cura d’anime. Guai a quel prete al quale è commesso cura d’anime, e ha a consagrare il corpo e ’l sangue di Cristo, e ha dispensare i sagramenti della Chiesa, se non ha la sofficienza che si conviene a tanto officio, e della vita santa e de’ buoni costumi e del senno e della scienza, con la necessaria discrezione. Quello che rende indegno il prete del santo1 offizio, è spezialmente la disonestà e la incontinenzia della carne; considerando con quanta reverenzia si debbano trattare i sagramenti, dei quali è ministro e dispensatore, e massimamente il corpo e ’l sangue di Cristo: onde apparì di ciò una fiata uno bello miracolo.

Leggesi iscritto da Cesario, che in Francia fu un prete il quale la notte di Natale passando da una villa a un’altra per dire l’officio, si scontrò in una femmina sola, colla quale, vinto dalla sua incontenenzia, in quell’ora carnalmente peccò. E temendo più la vergogna umana che la giustizia divina, detto il mattutino, si parò alla prima messa, e solennemente la cantò. Consegrato il corpo e ’l sangue di Cristo e mostratolo al popolo, come l’ebbe posto giù in sull’altare, di súbito venne

  1. Ediz. 95: di tanto.

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