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ELENCO


delle più note edizioni dello specchio di penitenza.


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Specchio di vera Penitentia compilato da Frate Iacopo Passavanti dell’ordine de’frati predicatori. — Impresso a Firenze a dì xii di marzo m. cccc. lxxxxv. — 1 vol. in-8. senza numerazione di pagine nè di carte, le quali però sono 146.

Invano si è ricercato di chi procurasse o curasse questa prima edizione, e chi ne fosse lo stampatore. Siccome opera tipografica, essa fu già minutamente descritta dall’Audiffredi. In quanto all’intrinseco, vi s’incontrano lezioni che nessun Codice dei consultati di poi sembra confermare: onde il sospetto che quegli antichi editori compiacessero non raramente al proprio lor gusto ed arbitrio.

Lo Specchio di vera penitenza del reverendo maestro Iacopo Passavanti fiorentino dell’ordine de’ Predicatori. — In Firenze, appresso Barlolommeo Sermartelli, 1580. — I vol. in-12, di pag. in tutto 407.

Precede una dedicatoria di Francesco Diacceto, vescovo di Fiesole, al cardinale Vincenzio Giustiniano, che porta la data dei 27 agosto 1579. Quindi forse l’attribuire che alcuni fanno quest’edizione all’anno precedente a quello nei quale fu pubblicata. L'esemplare che oggi vedesi nella Magliabechiana corretto da capo a fondo dalla mano propria di Leonardo Salviati, e colla data del 1584, fatta pero a penna, cioè con aggiungere quattro I dopo le lettere MDLXXX, è verismiilmente quello che dal Salviati stesso destinavasi a servire d’originale per l’edizione da lui compiuta nel 1585.

E notabile ciò che il Diacceto scriveva nella sua Dedicatoria intorno alle cagioni che il mossero a fare questa fatica; «Quelli venerabili Padri de’Predicatori,.... male misurando le mie forze, mi hanno instantemente ricerco, che confrontati molti testi anticamente scritti a mano, lo divulgassi (lo Specchio) più conforme che possibii fusse all’originale dell’autore, principalmente per utilità de’veri penitenti....; e per giovamento ancora delli studiosi della pura fiorentina favella, de’quali è oggi per tutto il numero grandissimo, si come è manifesta carestia delli autori che con quella proprietà della lingua ch’egli usò. abbiano scritto.»