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102 distinzione quinta. - cap. iii.

réndelesi vita. Potrebbe altri qui dubitare: con ciò sia cosa, come detto è di sopra, che nella contrizione si toglie via la colpa e la morte del peccato, e rendesi la vita della grazia (come si dimostra in figura di Lazzero riuscitato, innanzi che uscisse del sepolcro, e che fosse isciolto dagli Appostoli), come si dice ora che nella confessione si renda la vita all’anima, e toigasi la morte? Se in prima è renduta la vita della grazia1 nella contrizione, come si rende poi nella confessione? Rispondesi, che acciò che la grazia per la quale si toglie il peccato, si dea nella contrizione, conviene che vi sia la confessione in atto, o almeno in voto, cioè in proponimento: altrimenti, la contrizione non sarebbe valevole e sofficiente ad avere la grazia. E però è vero a dire che per la confessione è liberata l’anima dalla morte, e restituita a vita di grazia. Ancora, se la contrizione non fosse stata sofficiente innanzi la confessione, nella confessione si concede spesse volte grazia d’avere sofficiente contrizione. Ma ponendo il caso che l’uomo abbia sofficiente contrizione, con proponimento di confessarsi, certa cosa è che innanzi che si confessi, egli è liberato dalla morte del peccato, ed ègli renduta vita di grazia; poi, così2 giustificato per la grazia, confessasi; che effetto è quello di tale confessione? Risponde san Tommaso: che per tale confessione la grazia, prima3 avuta nella contrizione, cresce nell’anima per la ubidienza della santa Chiesa, per l’umiltà, e per la virtù delle chiavi ch’adopera il ministro della Chiesa, cioè il prete, nell’assoluzione; come si darebbe la remissione de’ peccati, se prima nella difettuosa contrizione non fosse stata data, avendo nell’atto della confessione, o dopo la confessione, sofficiente dolore di contrizione. Non solamente della morte del peccato libera l’anima la virtù della confessione, ma eziandio della morte corporale.

  1. Ediz. 95: la vita all’anima per la grazia.
  2. Avvertiamo che il nostro Manoscritto, in vece di così, pone: che se; da potersi, ove per altro calzasse, interpretare: che s’è.
  3. Il medesimo: la prima grazia.