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98 distinzione quinta. - cap. ii.

di qualunche pena o danno: altrimenti, mentendo al giudice, il peccato commesso negando o scusando, pecca mortalmente; se non fosse già il peccato sì occulto, che al giudice non s’attennesse di cercarlo. Il terzo modo di confessare il peccato si fu quello che si tenea nella legge antica di Moisé: dove non bastava quello riconoscimento mentale del peccato appo Dio, come nella legge della natura si facea; ma era di bisogno, per comandamento di Dio, che per alcuno segno di fuori si protestasse il peccato, cioè si desse a ’ntendere che l’uomo era peccatore: come si facea per lo sagrificio e per l’offerta dell’ostia per lo peccato, ch’era uno diterminato sagrificio per la legge, che si dovea fare per colui ch’avea peccato; e facevasi alcuna volta per tutto il popolo, alcuna volta per le singulari persone: dove si dava ad intendere eziandio a’ sacerdoti che riceveano l’offerta e faceano il sagrificio, che coloro che ’l faceano fare e che recavano il sagrificio, erano in peccato. E di ciò si poteano avvedere non solamente i ministri del tempio, ma tutti coloro che sapeano, o per udita o per veduta, che ’l tale sagrificio si facea per le tali persone; non convenendo però che distintamente si confessassono i peccati né le loro circustanzie, come conviene che si faccia oggi nella nuova legge di Iesu Cristo. Onde il quarto modo che il peccato si confessa,1 del quale principalmente dovemo parlare, è quando il peccatore, riconoscendo il suo peccato, si sottomette al ministro della Chiesa, cioè al prete, il quale ha a dispensare il sacramento della Penitenzia, per la quale si dà la remissione de’ peccati per la virtù della passione di Cristo, donde tutti i sacramenti traggono2 l’efficacia. E ciò fa il peccatore umiliandosi a’ piè del prete, e confessando vergognosamente e interamente il suo peccato. Per la quale confessione segretamente e sagramentalmente fatta, il prete, come giudice, conosce e discerne tutti i peccati: i quali si debbono tutti distintamente

  1. Il nostro Testo: che si confessa l'uomo.
  2. L'edizione del quattrocento: tengono.