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distinzione quinta. - cap. i. |
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cono il peccato loro per loro medesimi, ma addomandano dal confessoro che gli domandi, e rispondono sì e no? Rispondesi per li savi, che più ligittima e migliore confessione sarebbe che altri dicesse i peccati suoi egli stesso sanza essere domandato: tuttavia, se la contrizione e l’altre cose che si richieggiono per la confessione, come si dirà per innanzi, ci sono, basta di rispondere a quelle cose che il confessoro domanda
il peccatore; se non fosse già sì disposto colui che si confessa, che anzi ch’ egli si conducesse a dire il peccato egli stesso, lascerebbe la confessione; la qual cosa procede da superbía:1 onde in tal caso non varrebbe solamente risponder ed essere domandato. Ora, di che e come il confessoro debba domandare, diremo nel suo luogo più oltre, dove meglio ci caderà in taglio.2 E che l’uomo debba dire il peccato suo egli stesso, Iddio lo dice per Isaia profeta: Dic tu iniquitates tuas, ut iustificeris: Di’ tu le tue iniquità e’ tuoi peccati, acciò che tu sia iustificato. Non dice: dícale il confessoro o altri per te, se non se in caso ove tu non potessi o non sapessi; come interviene a molte persone che o per vergogna o per temenza (come interviene spezialmente alle donne) perdonsi e vengon sì meno, che smémorano e dimenticano i peccati che in prima aveano pensati di dire. Nel qual caso è bisogno che ’l confessoro assicuri il peccatore e aiutilo, recandogli a mente i peccati ne’ quali crede che debbia avere offeso, avendo tuttavia discrezione nel domandare: come s’ammaesterrà3 il confessore, e di ciò e dell’altre cose ch’ egli dee osservare, nel luogo suo. Anche contiene la predetta diffinizione data da santo Agostino della confessione, quello di che si dee fare la confessione, in ciò che dice: Morbus latens: La ’nfermità nascosta, cioè il pec-
- ↑ La qual cosa ec.: parole mancanti nel Codice nostro, e nella stampa del 25.
- ↑ Ediz. 95: ci darà il taglio.
- ↑ Nel Testo: s'ammaestra.