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84 | distinzione quarta. - cap. iii. |
l'anima peccatrice: Quam vilis facta es, iterans vias tuas! Oh come se’ fatta vile, rifacendo tutto dì da capo le vie tue! E ’l Salmista dice dei peccatori: Corrupti sunt, et abominabiles facti sunt in studiis suis: E’ sono corrotti, e fatti abbominevoli negli studi loro; cioè nell’opere ree, le quali studiosamente fanno. La quarta cosa è la paura del giudicio di Dio e dell’eterna pena. Di ciò parla san Piero, e dice: Impius et peccator ubi parebunt? Il dì del giudicio, l’uomo ispietato e ’l peccatore ove appariranno? (quasi dica: Non avranno luogo di potere bene comparire alla presenza dell’adirato giudice) e come potranno sostenere le intollerabili e eterne pene dello ’nferno?
Leggesi che nel reame di Francia fu uno nobile uomo, il quale era molto dilicatamente notrito, e amatore della vanità del mondo. Costui un giorno cominciò a pensare, s’ e’ dannati dello ’nferno doveano essere liberati dopo mille anni; e rispose al pensiero suo di no. Appresso gli dicea il pensiero: oh dopo i centomila anni? e rispondea, che mai no. Poi pensò se dopo mille migliaia d’anni fosse possibile la loro liberazione; e dicea di no. Oh dopo tante1 migliaia d’anni quante gocciole d’acqua è nel mare, potrebbe essere che n’uscissono? E rispose a sé medesimo che mai no. Di tale pensiero conturbato e spaurito, gli venne un dolore e un pianto di contrizione; e abbandonando la vanità del mondo e ’l peccato, disse: – Or come sono stolti e miseri gli uomini del mondo, che, per piccolo diletto che vogliono nel mondo, vanno alle pene senza fine! –
La quinta cosa che induce a contrizione, si è il dolore che l’uomo dee avere d’avere perduta per lo peccato la cittè celestiale di paradiso; e ’l dolore dell’offesa di Dio, il quale doverremmo obbedire, perché è nostro creatore; doverremmolo revenire come nostro padre celestiale; dobbiâllo amare come nostro redentore e salvatore, il quale ci ha ricomperati
- ↑ Il Manoscritto: tanti.