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distinzione quarta. - cap. iii. 83

CAPITOLO TERZO.


Dove si dimostra quali e quante sono quelle cose che c'inducono ad avere contrizione.


La terza cosa che dobbiamo dire della contrizione, si è quali sono quelle cose e quante che c’inducono a contrizione. E dicono i dottori, che sono sei. La prima si è il ripensare de’ peccati;1 della quale dice il profeta Isaia, parlando a Dio: Recogitabo tibi omnes annos meos, in amaritudine animoe meoe: Io penserò, e porrògli tutti dinanzi a te gli anni miei, in amaritudine dell’anima mia, cioè con amaro dolore. A questo induce quello essemplo iscritto di sopra di quella Tais famosissima meretrice; e di quella altra alla quale iscoppiò il quore per dolore; e di quello cavaliere che avea negato Cristo e la fede sua, avvegna che non volesse negare la Vergine Maria. La seconda cosa che séguita al pensare de’ peccati, è la vergogna; onde dice Salamone ne’ Proverbi: Putredo in ossibus eius qui confusione res dignas gerit: Infrácidinsi l’ossa di quella persona che fa cose degne di confusione e di vergogna. Lo infraciare dell’ossa significa lo dolore intimo, che ammolla2 la durezza degli effetti de’ peccati, de’ quali l’uomo dee avere vergogna e confusione. Onde il profeta Abacuc dicea: Ingrediatur putredo in ossibus meis: Infrácidinsi l’ossa mie, cioè gli affetti del quore, che non sieno più duri e saldi al peccato; sì ch’io non me n’abbia a vergognare. A ciò fa l’essemplo scritto di sopra del monaco che, menato al giudicio di Dio, ebbe tanta vergogna del rimprovero della madre. La terza cosa che induce l’uomo a contrizione, è la viltà del peccato, che fa l’uomo abbominevole e vile; della quale viltà parlava il profeta Ieremia, e dicea al-

  1. Nel Codice nostro: il ben pensare i peccati.
  2. La stampa del quattrocento: allenta.