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distinzione quarta. - cap. ii. |
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prebendato e canonico di Parigi, il quale vivendo viziosamente e sanza continenza nelle dilizie della carne, infermò gravemente, e domandò con divozione tutti i sagramenti della Chiesa. E ricevendo la confessione e la comunione, colla istrema unzione, e mostrato segni di grande contrizione con molte lagrime, passò di questa
vita morendo. Dopo alquanti giorni, apparì a un suo caro compagno in figura oscura e orribile, con doloroso lamento dicendo com’egli era dannato. E domandandolo quello suo compagno con grande cordoglio, qual’era la cagione della sua dannazione; chè, avvegna che fosse peccatore e amatore delle cose del mondo, pure era1 confessato, e ricevuto avea gli altri sagramenti della Chiesa, e mostrato dolore e contrizione de’ suoi peccati; rispose il morto:2 Guai a me! chè mi mancò quello che più m’era di bisogno, e senza ’l quale niuna altra cosa vale, cioè la contrizione del quore: chè, avvegna ch’io piagnessi e mostrassi dolore de’ miei peccati nella infermitade della morte e quando mi confessai, quello non fu vero dolore né vero pianto; chè io non piangea perch’io avessi offeso Iddio peccando, e non avea dolore di contrizione per carità od amore ch’io avessi a Dio Salvatore, né non avea fermo proponimento, s’io fossi iscampato, di lasciare il peccato; ma piangea3 per paura delle pene dello ’nferno, e aveva dolore che mi convenia lasciare, morendo, le cose del mondo, che io avea tanto amate. E, detto questo, sparì con angoscioso guaio.4
- ↑ Ediz. 95: s'era.
- ↑ Così il Salviati. E la stampa del primo secolo: rispose allora il canonico.
- ↑ Il nostro Testo, invece di avea, ha replicatamente aveo; e la più antica impressione: avevo e piangevo.
- ↑ Ediz. 95 e 85: con angosciosi guai.