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distinzione quarta. - cap. i. 77

altro dolore. Ancora, secondo l’ordine della carità, noi dobbiamo amare l’anima nostra, appresso a Dio, più che niuna altra cosa che sia. Il peccato, del quale ci dobbiamo dolere, è morte dell’anima, come dice santo Iacob; e però della morte dell’anima dobbiamo avere maggiore dolore, che di morte nostra o d’altrui, o di pena o di danno, o di vergogna o d’infamia, o di qualunche altro danno ch’ al corpo o a cosa corporale e temporale s’appartenga. Onde dice santo Agostino: O cristiano, non ha’ tu conoscimento? non ha’ tu sentimento veruno di pietà a te stesso? Tu ti duoli, e piagni il dipartimento dall’anima dal corpo, e non piagni il dipartimento di Dio dell’anima! Vera morte è quella che non si teme, cioè il dipartimento di Dio dall’anima, il quale è vita beata dell’anima. Ora si fa questione se questo dolore di contrizione, del quale abbiamo parlato, potesse essere troppo grande. E risponde san Tommaso, che ’l dolore si puote considerare in due modi: l’uno, in quanto egli è nella ragione e nella volontade, cioè il dispiacere del peccato, in quanto è offesa di Dio: e in questo modo non può essere troppo, come non può essere troppo l’amore della caritade che s’ha a Dio; anzi, quanto più è maggiore e più cresce l’amore di Dio, tanto più cresce il dolore e il dispiacere del peccato, ch’è offesa di Dio. E però è detto di sopra, che ’l dolore nasce dall’amore; e secondo la quantitade dell’amore, è1 la quantità del dolore. L’altro modo, si puote considerare il dolore in quanto è sensibile, cioè nella parte sensitiva, ch’è uno contristamento afflittivo. E questo potrebbe essere troppo; come il digiuno e l’altre afflizioni corporali, che si vogliono fare con modo e con misura, sì che si conservi la vita e la sanitade, e la carne stia suggetta allo spirito, la sensualitade alla ragione. E questo dimostrò san Paolo quando disse Rationabile obsequium vestrum: Il vostro servigio sia fatto con ragione. E a questo intendimento parve che volesse ire il santo profeta David,

  1. Così l'edizione del primo secolo, e quella del Salviati.