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capo primo 67

mentarsi il paese. Aspettassesi, dicevano, il conte Maony Vicario generale, il quale fra breve con molta truppa sarebbe venuto da Napoli a disporre quanto occorresse. Ma il Laboccetta tenne fermo, e disse che per la comune salute era suo debito prestar fede al Fucetola, le cui relazioni erano corroborate dalle importanti confidenze fattegli nel tempo medesimo da Paolo Spanò.

VIII. Intanto il morbo si attaccava violento alle case attigue a quella dello Spanò, e molti vi cadevano infermi, ed inevitabilmente perivano l’un dopo l’altro. Allora non ebbe più a dubitarsi del male; il giorno diciassettesimo fu dichiarata la peste, e tutto il borgo fuori porta Mesa bisognò che fosse incordonato. Ma essendosi tale operazione differita al seguente giorno, quella gente che quivi abitava, temendo non la sua roba venisse arsa, pigliò il tempo di trasportarla dentro della città nelle case di amici e parenti. Fu fatto il cordone a quel borgo, ma era già troppo tardi; chè colle robe di que’ della Mesa il male si era traforato per ogni verso nella città, nè forza umana poteva più valere a cansarlo. Sentendo incordonato il borgo della Mesa, tutti i cittadini, massime i negozianti, artigiani e bottegai si chiusero spaventati nelle loro case; ma i sindaci ed il governatore, a cui Dio aveva tolto il senno, volendo acchetare il pubblico terrore ordinarono che ognuno, pena il carcere e la confisca della roba, dovesse riaprir subito la propria bottega. Ciò contribuì moltissimo a diffondere la pestilenza: tutto fu allora confusione e spavento; a tutti in quell’istante si offerse in mente lo spettacolo della bella e popolosa Messina, divenuta vasto sepolcro. Gran copia di cittadini, e specialmente i possidenti, fuggivano dalla città; e fu mestieri dar bando che non potesse uscirne persona; e che chiunque se n’era assentato dovesse, sotto la predetta comminatoria, rientrarvi fra otto giorni. A’ contumaci fu intimata un’ammenda di quattromila ducati; fu murata la porta della Mesa, le altre chiuse. Due Deputazioni furono costituite sulla pubblica salute, ed eletti a comporlo i più influenti ed operosi cittadini; l’una delle quali si domandò Deputazione de’ Rioni, o minore, perchè ad ogni rione fu addetto un Deputato che avesse occhio a tutto, e riferisse dì per dì il bisognevole al magistrato regio e municipale, ed alla Deputazione maggiore. Questa fu così chiamata, perchè dovea soprintendere alla salute pubblica di tutto il Comune, e del Distretto. Erano della maggiore Giuseppe Genoese, Felice Laboccetta, Gaetano Musitano e Paolo Cumbo. Ma ciò era niente; la gente atterrita fuggiva a fiaccacollo arrampicandosi sulle mura della città, dove queste, basse e rovinevoli, davano luogo alla fuga. Que’ momenti terribili anzi che de-