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   50 libro settimo

poli vi furon portati tre grossi cannoni da batteria, e molti attrezzi di artiglieria. I cannoni venner collocati sul forte Amalfitano; ed il Castel nuovo, ed il fortino dell’Annunziata, di là da’ Giunchi alla riva, furono a sufficienza provveduti di ogni lor bisognevole.

II. Giungevano in Messina in quel tratto tre vascelli con sei tartane cariche di fanteria spagnuola, italiana e francese; mentre che il Vescovo di Lipari scriveva al Carafa, protestando per parte di quell’isola ubbidienza a Carlo III. Recava intanto la fama che i Palermitani si fossero già ribellati alla Spagna, ed avessero uccisi tutti i Francesi, e quattrocento marinai; e messo in prigione il Vicerè. Al vigesimoquinto giorno di agosto del 1709 pigliaron porto in Reggio trentaquattro tartane, e sbarcaronvi settecento fanti tedeschi, i quali uniti a quelli che vi dimoravano, composero un corpo di due mila soldati.

Seppesi a questi tempi che da Reggio Antonino Abenavoli del Franco denunziava in Messina al Vicerè di Sicilia tutti i disegni del general Carafa, in cui casa usava dimesticamente, e stava a desinare i più giorni. Vedutosi scoperto l’Abenavoli si trafugò ratto in Messina, ed il Carafa il dichiaro ribelle. Nè ivi dismise il suo tristo mestiere, chè anzi continuò pratica col Vicerè di poter dargli l’occupazione di Reggio a tradimento, mediante uno sbarco notturno ed improvviso. Per condurre a termine questa sua matassa l’Abenavoli faceva tenersi mano da Michele Rota, il quale ne ajutava l’orditura; ma in pari tempo riferiva tutto al Carafa. E questi l’imbeccava, e si prendeva il bandolo tra le mani. Soleva l’Abenavoli venir di notte in Reggio con un barchettino, in luogo ed ora convenuti, ove trovandosi a ristretto col Rota mettevasi con costui in segretissimi colloqui; ed il Rota gli si mostrava tutto sviscerato del buon successo della cosa. La notte del dì tredici di novembre del detto anno, il Rota per suggestione del Generale dovea far dono all’Abenavoli di una cesta di agrumi, con entrovi ascose alcune granate da fuoco colla miccia lunga, a cui nel metter la cesta in mano all’Abenavoli dovea di celato appiccar subito il fuoco. E come prima si udisse lo scoppio delle granate sulla feluca dell’Abenavoli, duecento cinquanta soldati tedeschi, ch’erano ordinati ad appostarsi ivi presso, avevano a far fuoco da terra, e ad un tempo sei feluche di Reggio dovevano lanciarsi sulla feluca messinese, ed arraffarla. Al tempo posto l’Abenavoli passò in Reggio con due feluche; ma al Rota, o poco destro o timido, non venne fatto di dar fuoco alla miccia nell’alto di consegnar quella cesta. Contuttociò egli, volendo recar la cosa all’effetto determinato, all’Abenavoli che già si movea per partire,