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   44 libro settimo

del consigliere Cortes, e sua figlia, vedova dell’assassinato marchese.

III. Giunto in Montebello procurò il barone di far senza dimora i suoi sponsali colla fatale Antonia; e furon sontuose le feste, ma quelle tede nuziali non parevano che infernali fiaccole, le quali illuminassero di color di sangue il cammino della sua vita, che doveva essergli travagliatissima e disperata.

Intanto dell’orrendo accaduto era giunta notizia a Francesco la Cueva auditore, che allora per caso si trovava in Melito per ragion del suo uffizio; il quale il giorno appresso si recò in Pentidattilo, e raccolte tutte le circostanze del fatto, ne fece precisa relazione al Governatore di Reggio. Ed al Preside della Provincia, ch’era il marchese Garofalo e stava allora al Pizzo, corse sollecito l’alfiere Antonio Grasso, per riferirgli a bocca ogni cosa. Il Preside senza ritardo ne diede cognizione in Napoli al Vicerè, e in un medesimo messosi in una barca, si trasferì in Reggio la sera del ventuno di aprile. In quella notte medesima spedì corrieri per tutta la provincia, ed ordini circolari, perchè il barone e suoi satelliti fossero perseguitati e presi. Il giorno appresso poi, in compagnia del suo auditore Antonio Golino, mosse alla volta di Santagata, ove era voce che si trovassero molte persone, che avevano dato mano forte all’Abenavoli. Il Preside era seguito da Antonio Rodino, capitano di cavalleria del ripartimento della città di Reggio, dal tenente Giovanni Battaglia che conduceva la sua compagnia, e dal battaglione di fanteria della stessa città. In questo mentre il barone di Moutebello, sentendo la tempesta ch’era prossima a rovesciargli in capo, uscì della sua terra con una grossa banda dei suoi più animosi ed arrischiati vassalli, e quando fu verso Valanidi s’incontrò col battaglione di Reggio. Seguì allora un vivo scambio di archibugiate; ma il barone difendendosi con gran coraggio, s’aprì il passo, e si allontanò a gran fretta da que’ luoghi, ove stava per giungere il Preside colla regia cavalleria. Fu dato l’assalto al castello di Montebello, dove il barone, uscendo colla sua armata comitiva, aveva lasciato strettamente custodito don Petrillo Cortes. Ora i difensori del castello, scoraggiatisi per l’assenza del barone, non fecero lunga resistenza, e senza difficoltà si arresero. Così don Petrillo fu condotto libero in Reggio in casa del regio Segreto e Maestro Portolano, dove soggiornavano la madre, e la vedova sorella.

IV. Come in Napoli il Vicerè ebbe avviso dell’avvenimento, spedì prestamente per Reggio due galee a condurre a’ comandi del Preside quattro compagnie di soldati. A queste seguirono poi altre cinque