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capo quarto 37

perizia degli uffiziali che le comandavano. Duquesne alla testa dell’avanguardo ebbe da prima a sostenere tutto solo il fervor della pugna; poichè a parecchi Spagnuoli premeva tanto di vincer questo vecchio marino, che gli fecero col loro numero ed ardore correre un momento di grandissimo pericolo. Nondimeno egli seppe star saldo al combattimento quasi senza alcuna perdita, sino a che Vivonne col suo corpo di battaglia colse il tempo di venirgli in soccorso. Erano già quattro ore che il fuoco durava da entrambe le parti vivissimo, quando Vivonne si accorse che le galee Spagnuole cominciavano a perder lena, e giudicò opportuno l’istante di riunire i suoi vascelli, e far che la terza divisione, comandata dal marchese de Preuilly d’Humières, che non si era ancor mossa, potesse assicurar la vittoria.

Dato il segnale della congiunzione, i vascelli di Vivonne e di Duquesne andarono all’improvviso al dinanzi del retroguardo di Preuilly, il quale dal suo lato si svoltò verso di loro in un attimo. Gli Spagnuoli, vedendo che i Francesi andavano a guadagnare il vento, prontamente si rivolsero per impedirneli, ed il combattimento ricominciò allora con massimo ardore; e la congiunzione de’ vascelli francesi non dava alcuna posa alle nemiche navi. Duquesne continuava ad esser fatto segno a tutti i colpi dell’avversario; ma impassibile a fronte di questa ricrudescenza di foga castigliana, tirava gagliarde bordate contro que’ vascelli, che si provavano di approssimarglisi, e li respingeva l’un dopo l’altro. La vittoria pertanto pendeva ancora incerta tra il numero e l’abilità, quando Valbelle, avvertito dal tuono dell’artiglieria di ciò che avveniva sul mare, uscì rapido del porto di Messina, menando in rinforzo a Vivonne i suoi sei vascelli. Egli giunse inaspettato sopra gli Spagnuoli, e quando le navi francesi impegnate nella zuffa si accorsero dell’ajuto che lor veniva in buon punto, si governarono in maniera che il nemico restasse bersaglio a due fuochi. Da quell’istante trentasette legni di Melchior la Cueva non in altro speraron salute che nella fuga. Parte della flotta spagnuola uscì dello Stretto, e si affrettò verso Napoli, parte si gittò a tutta prescia sulla marina di Reggio, sotto la protezione de’ forti di questa città, mentre la squadra francese entrava trionfalmente nel porto di Messina.

I Messinesi soccorsi per la terza volta salutarono Vivonne (ora Vicerè in mezzo alle frenetiche grida di Viva Maria, Viva la Francia. Ma per mala fortuna il governo del duca di Vivonne non rispose alle concepite speranze. Non seppe egli farsi amare da’ Siciliani; ed in vece di assodare e proseguir la conquista in Sicilia,